Distrofie corneali, una controindicazione per la chirurgia refrattiva su scala globale

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Le distrofie corneali rappresentano una forte controindicazione alla chirurgia refrattiva, purtroppo in alcuni casi sono difficili se non impossibili da diagnosticare: oggi esiste un test genetico efficace nel 100% dei casi.

Ad oggi sono state descritte circa 70 mutazioni legate al gene TGFBI che causano distrofie corneale dell'epitelio e dello stroma corneale, il test genetico Avellino rileva le cinque tipologie più diffuse pari al 75% del totale.

Un recente studio ha raccolto i dati di 184 pubblicazioni sul Human Gene Mutation Database (HGMD) e PubMed da 34 paesi che riportano 1600 casi di distrofie corneali confrontandoli con i 600,000 campioni analizzati con il test genetico Avellino senza trovare alcuna differenza nella frequenza di mutazione in popolazioni o luoghi geografici differenti, caratterizzandolo come una condizione globale.(https://www.researchgate.net/publication/331070801_Evaluation_of_TGFBI_corneal_dystrophy_and_molecular_diagnostic_testing)

Il test genetico Avellino rileva le distrofie corneali di tipo Granulare I e II (o di Avellino), Lattice di tipo I, Reis-Buckler e Thiel-Behnke, presenti nella popolazione mondiale con una prevalenza da 1:500 a 1:1000, una patologia quindi da due a quattro volte più diffusa del cheratocono (https://www.sedesoi.com/vademecum3.php).

La letteratura medica ha inoltre dimostrato una forte correlazione tra interventi PRK o LASIK ed un grave peggioramento della sintomatologia, anche a distanza di anni.

Nei soggetti eterozigoti per questa mutazione i segni sono assenti o di difficile diagnosi, il test Avellino si è invece dimostrato sensibile e specifico al 100%: questo significa che nei trial clinici non è mai stato rilevato un falso positivo o un falso negativo.

Per questa ragione la Società Oftalmologica Italiana e la Società Italiana di Oftalmologia Legale si sono espresse nel consigliare l’esecuzione del test sia a fini medico-legali sia per consentire al chirurgo di valutare interventi alternativi, oltre a rappresentare l’opportunità di offrire ai propri pazienti una chirurgia refrattiva più sicura.

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